07 novembre 2025

RECENSIONE - Prigionieri del nostro destino - di Lorenzo Zucchi




Mauro vive una vita ordinaria a Sesto San Giovanni: una famiglia apparentemente unita, un lavoro da tecnico di elettrodomestici, e un’ossessione per i gialli e i social notturni. Quando il lockdown ferma il mondo, Mauro continua a muoversi tra case e cortili, ma la sua mente deraglia. Il confine tra realtà e fantasia si assottiglia, tra desideri repressi e incontri ambigui con tre giovani donne: Emily, Flora e Christelle ― le sue "Tre Grazie". Nel silenzio irreale di una città spenta, Mauro perde contatto con tutto, anche con sé stesso. Il ritorno del "cronista dell'invisibile", con un romanzo nero e psicologico che unisce ironia, malinconia e suspense, per raccontare la solitudine urbana, il desiderio che consuma, e la sottile linea tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare.





Con Prigionieri del nostro destino, l'autore Lorenzo Zucchi ci racconta uno scorcio di vita disturbante che ci trascina nell'abisso di una crisi individuale. Il palcoscenico è la Milano della routine e del lockdown, ma il vero teatro è la mente del protagonista, Mauro, un tecnico di elettrodomestici di Sesto San Giovanni, uomo ordinario la cui vita si disintegra in modo straziante e silenzioso.

Mauro conduce un’esistenza scandita da una famiglia "apparentemente unita", un lavoro modesto e la fuga notturna nei social e nei gialli. La pandemia, pur non fermando del tutto il suo lavoro, ferma la sua mente. La solitudine metropolitana, il peso delle aspettative sociali mancate, la frustrazione della quotidianità si trasformano in micce che accendono il lato oscuro del protagonista. Portato all'isolamento non per scelta, un po' come tutti noi nel periodo nero del lockdown, assistiamo alla sua ossessione crescente, per tre giovani donne — Emily, Flora e Christelle, le sue ambigue "Tre Grazie" —   catalizzatore di un lento e inesorabile deragliamento interiore, un viaggio verso un delirio fatto di desideri repressi e inespressi.

 Nonostante la cupezza del tema, Zucchi dosa con maestria ironia e malinconia, inserendo sprazzi di grottesco e tragicomico che richiamano la vena agrodolce di alcuni registri italiani.  I capitoli brevi, quasi episodici, conferiscono alla narrazione un'andatura da serie TV.  Con la sua prosa limpida e incisiva, ci invita a riflettere su quanto sia fragile l'identità umana e quanto sottile sia il confine tra adattamento e implosione. Mauro è lo specchio di chiunque si senta costretto a indossare una maschera di fronte a una realtà che non coincide con i propri sogni. Devo essere sincera a volte mi sono persa, ma non per colpa dell'autore ma forse il tema centrale del lockdown che mi ha fatto rivivere inconsciamente un periodo non felice.

Lettura non certo leggera, che consiglio a chi ama i romanzi che esplorano le zone d'ombra della psicologia umana, i confini della normalità e il lato oscuro che può celarsi in ognuno di noi.






 

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