Ambientazione
di “Angeli della Vita”
L’ambientazione di “Angeli della
Vita” è simile a quella trovata in “Angeli della Morte”, anche
se le vicende sono ben diverse. Ecco alcuni dei posti che potete
trovare all’interno della storia.
Stonehenge:
Beh.
Stonehenge lo conosciamo un po’ tutti. Questo sito viene usato
molto nei racconti perché pieno di mistero e magia, è avvolto da
una nube di domande su come sia stato costruito e sull’epoca a cui
risale. Sfruttare le leggende che gli ruotano attorno è stato molto
naturale.
Per la sua
descrizione mi sono attenuta all’antica pianta che lo
caratterizzava. Non ho aggiunto niente, mi sono limitata a
presentarlo così com’era nella realtà storica.
Ho scelto una
leggenda che lo rende protagonista per unirlo a Lucifero e, in
qualche modo, anche ad Angeli e Demoni.
Da “Angeli
della Vita”
[…]
Era il crepuscolo. Solo un fuoco riscaldava quella sera d’inverno.
La
luna illuminava il cielo oscurando le stelle, su di noi però c’era
un’ombra provocata da qualcosa. Colonne. Pilastri.
Ruotai
su me stessa.
Megaliti,
organizzati in un cerchio quasi perfetto.
Stonehenge.
[…]
[…]
Stonehenge ha una pianta circolare
formata da un fossato di diametro di circa cento metri. Subito
all’interno, disposte lungo il confine, sono state individuate
cinquantasei buche, chiamate Buche
di Aubrey, dall’archeologo che le
scoprì a metà del milleseicento. Qui vi sono quattro stazioni,
costituite da due pietre e due piccoli tumuli, disposte in modo da
formare un rettangolo perfetto. Non se ne conosce la funzione, ma
alcuni credono che queste pietre siano punti di incontro fra le linee
di corrispondenza del sorgere e del tramontare della luna e del sole
in determinati periodi dell’anno. Sembra essere proprio un
antico calendario.
[…]
Più
all’interno, troviamo altre due circonferenze, una di ventinove e
l’altra di trenta buche. […]
Arriviamo
finalmente alla struttura in pietra del monumento. Questa è divisa
in tre parti: il cerchio di Sarsen, chiamato il Cerchio
del Sole, le Bluestones, anche detto
il Cerchio
della Luna, e i cinque Triliti. […]
In
direzione nord-est, parte un viale, la Avenue,
lungo il quale è posta la Heel Stone, pietra
del tallone, un monolito alto circa cinque metri. Si racconta che le
pietre che formano Stonehenge fossero possedute da una vecchia
signora. Il Diavolo le scoprì e se ne volle impossessare, quindi si
travestì da gentiluomo e andò a visitare l’anziana. Le chiese se
le pietre fossero in vendita, ma, vedendola riluttante all’idea, le
mostrò una grossa borsa di monete d’oro, le disse che avrebbe
potuto avere tutte quelle che fosse riuscita a contare nel tempo che
lui avrebbe impiegato a portar via le pietre. Credendo che quell’uomo
non sarebbe mai riuscito a spostarle, la vecchietta accettò.
Immediatamente Lucifero usò i suoi poteri e fece sparire le pietre,
trasportandole qui, e la donna non riuscì a contare nemmeno uno
spicciolo. Tornato a Salisbury, Satana sistemò i suoi monoliti. Un
giorno però, incontrò un frate che lo sfidò rispondendo al suo
quesito sul numero di rocce presenti nel sito: “ce
ne sono più di quante se ne possano contare”.
Quella era la risposta giusta. Lucifero si arrabbiò così tanto che
gli lanciò addosso una delle pietre, questa colpì il tallone del
frate, e da qui il nome di Heel
Stone.
Casa di Emily:
La lugubre palazzina tanto amata da
Elisabeth è dove si articola gran parte di “Angeli della Vita”.
Ho cercato di sfruttare ogni stanza
presentata per far muovere i personaggi, ogni anfratto che ho
descritto è utile ai fini del racconto, soprattutto il piccolo
giardinetto nascosto dove Emily, Kamael e, prima, Rochel, poi Astarte
e Samael si allenano.
Da “Angeli della Morte”
[…] Io e mia madre vivevamo nella
periferia londinese in un palazzo vecchio stile un po’ lugubre e,
con la nebbia mattutina, tendenzialmente terrificante. Beth aveva un
certo gusto per l’orrido e con quella casa aveva fatto il suo
acquisto più stravagante. Si estendeva più in altezza che in
larghezza ed era una palazzina abitata da più famiglie; noi
occupavamo il terzo e ultimo piano, ma i soffitti erano alti perciò
sembrava di vivere ancora più su. Le finestre erano ampie così,
nonostante l’atmosfera da film horror, di giorno la luce filtrava
senza ostacoli conferendole un’aria quasi romantica.
Da “Angeli della Vita”
[…] Era proprio lei. La lugubre e
oscura palazzina di periferia tanto amata dalla mamma.
«Hai ancora le chiavi?», mi domandò
Rochel guardando l’edificio di fronte a noi.
In risposta alza il vaso vicino
all’antico e cigolante portone da film horror e aprii.
Mi seguirono, senza fiatare. Una volta
davanti alla porta dell’appartamento, scelsi la chiave con le mani
tremanti, dentro di me s’era fatta spazio una strana emozione, la
infilai nella toppa e ruotai il pomello.
Era tutto come l’avevo lasciato: il
divano con sopra una coperta di lana per le fredde notti invernali, i
battenti delle due camere da letto aperti e le tazze della colazione
ordinatamente riposte sul vano sopra l’acquaio. […]
A Dilmun, il
Focolare:
Questo credo sia il luogo
più suggestivo di “Angeli della Vita”, almeno io ho cercato di
renderlo tale.
È una sala piena di
emozioni, dove brucia il Fuoco della Fede, lì i Cherubini si
manifestano in tutta la loro sacra perfezione.
Da “Angeli della Vita”
[…] La stanza
del focolare era più piccola delle altre viste finora a Dilmun. Al
centro, una pira di legna ardente illuminava l’ambiente buio, ai
lati due angeli vestiti di bianco, con le ali candide come la neve,
tenevano la testa bassa, sembravano delle statue nascoste sotto
un’ampia tunica. Non eravamo soli, molti abitanti del Cielo erano
in ginocchio, rivolti verso le pareti, le mani giunte in preghiera,
le teste piegate in una riverenza e, mi sembrò di intravedere, le
palpebre chiuse morbidamente. I colori diversi delle ali in bella
vista mi entusiasmarono e l’aria beatamente malinconica che si
respirava alleggerì la mia mente, ancora scossa dal rifiuto di
Dilmun e da quello così netto di Azrael.
Il
fuoco conferiva alle piume colori diversi, più tenui e misteriosi,
sembravano impalpabili ed eteree come avvolte da una nuvola di fumo.
Il
silenzio che abbracciava quel luogo era surreale e la devozione con
cui pregavano tangibile. […]