20 settembre 2022

RECENSIONE: - "Rosa e altri steli spezzati" - di R. Becca

 





Titolo: Rosa e altri steli spezzati
Autore: R. Becca
Genere: dark romance
Formati: cartaceo ed ebook
Uscita: 1 agosto


Sono trascorsi cinque anni dall’incontro che ha cambiato la vita di Rosaline Berkeley e l’uomo che si fa chiamare il Cobra è ormai un ricordo sbiadito. L’adolescenza tormentata dalla dipendenza di sostanze stupefacenti è rimasta ancorata a 200 chilometri più a Nord, tra le strade della metropoli di Los Angeles. Ormai diciottenne, il locale notturno nominato Red Rose è l’unica occasione per lei di non gravare sulle finanze della zia presso la quale è ospite, a San Diego. Qui incontra il barman Brandon Shane. trentunenne vittima della propria vita notturna per evitare le mille responsabilità che lo coinvolgono durante il giorno.
Le due vite ai bordi della società della metropoli si rivelano intrecciate da un sottile filo di competizione che li lega in un intreccio tormentato da vicende sepolte non troppo a fondo.

 




Rosa e altri steli spezzati è un dark romance in cui si intrecciano e si scontrano le vite dei due personaggi: Rosaline Berkeley, spogliarellista diciottenne e Brandon Shane barman trentunenne, entrambi impiegati al Red Rose, locale “aperto da poco e destinato ai peggiori frequentatori della zona”. Rosaline a tredici anni ha conosciuto un uomo più grande di lei, il Cobra, spietato, ammaliante e pericoloso al tempo stesso, che l’ha iniziata alla droga e allo spaccio; Brandon lotta per non perdere il fratello Jack tossicodipendente e per lui troppo importante.

Leggendo questo romanzo ho notato come domini sovrana la solitudine di anime spezzate da rimorsi, scelte sbagliate, inettitudine…: “Non riconosco obiettivi all’orizzonte e la mia vita segue un ritmo scostante e irregolare. Proseguo come un funambolo sull’orlo di un baratro. La fune sotto i miei piedi non fa altro che assottigliarsi e io, troppo annoiato per imparare a volare, attendo il giorno in cui essa si spezzerà”. C’è una consapevolezza disarmante, in tutti i personaggi, del fatto che la loro sia una vita senza possibilità di redenzione e tale consapevolezza ti schiaffeggia ancora di più se proviene proprio da una ragazza che per la sua giovane età, dovrebbe essere tutta proiettata verso i sogni della vita futura: “Sono cresciuta tra perdenti e alla fine sono diventata una di loro: eccomi qui, Rosaline Berkeley, il frutto e il fiore degli inetti e dei falliti”. Da tale consapevolezza deriva la rassegnazione amara, tetra che riguarda tutti i personaggi e non solo Rosaline che “appassisce lentamente (...). Esausta, appesantita dal mondo e dalla propria corolla, non può fare altro che assopirsi (...). Odore di rassegnazione, insistente e denso (…)”. È una rassegnazione sconfortata perché, come dice Jack, è “troppo tardi”. Eppure, proprio quando è “troppo tardi” sembra accendersi in Rosaline un sottile fuoco di speranza, perché lei, in fondo, non ha mai smesso di pensare che se non fosse stata sola completamente (senza una famiglia che la sostenesse anziché andare via in Europa e lasciarla a una zia tenera; senza amici veri), fin lì non sarebbe arrivata: “forse ancora c’è speranza se non si è soli…”; e ancora: “Io credo che un dirupo sia complicato da risalire, per una persona sola. Ma in due…”. È una speranza disperata, un grido d’aiuto urlato per un senso di “opprimente terrore di solitudine”.

Il romanzo, ben scritto, mi ha lasciato tanto amaro in bocca al solo pensiero che tante volte per salvare dei figli basterebbe una famiglia presente, che non li mollasse a se stessi nonostante la loro voglia di “essere lasciati in pace”: il senso di solitudine di Rosaline è tangibile e crudo, com’è cruda e realistica la sua accettazione della vita aggrappandosi, però, a causa della propria giovane età lasciata senza guide sicure, alle persone sbagliate. Forse, se non fosse stato così, non sarebbe stato “troppo tardi”






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