28 ottobre 2022

RECENSIONE: - "Girasoli Spezzati" - di Andrea Santoni

 



Titolo: Girasoli spezzati

Autore: Andrea Santoni

Editore: Officine Editore

Collana: Trame narrative

Pagine: 372

Formato: cartaceo

Prezzo: cartaceo €19.50




2016. L'ormai trentenne Vittorio deve scegliere se recarsi all'aeroporto di Fiumicino per abbracciare il suo nuovo sogno da sceneggiatore, direzione Budapest, o rimandare tutto per un'assurda chiamata del suo eterno amore Liliana. Il telefono squilla, è proprio lei e per il ragazzo inizia una corsa contro il tempo, accompagnata da un tuffo in ricordi di un'adolescenza costellata da eccessi e errori. Il lungo flashback è un viaggio introspettivo nella vita di Vittorio, che ripercorre il complicato rapporto con l'invasiva madre e il sogno di una vita nuova e libera con gli amici e Liliana.




Girasoli spezzati è un romanzo corposo (quasi quattrocento pagine), ma l’ho letto in pochissimi giorni: l’incipit dinamico e accattivante è riuscito ad attirare subito la mia curiosità. A lettura conclusa, non posso dire altro che la protagonista indiscussa è l’adolescenza rappresentata sì da Vittorio Calicchia, voce narrante e protagonista principale, ma anche dal suo gruppo di amici. E non ho potuto fare altro che constatare la veridicità di un concetto che a tutti, ormai, è chiaro come il sole: l’adolescenza è un periodo difficile e complicato per tutti. Ce lo prova la storia di questo romanzo che fluidamente si snoda da un disagio individuale, quello di Vittorio, a una serie di problematiche comuni a tutto il gruppo dei suoi amici.

Parto dal disagio: nel terzo millennio, propulsivo e a reazione “a tempo zero”, già presentarsi inamidati in giacca e cravatta al primo anno di liceo fa la differenza… in negativo. Per Vittorio, è motivo d’imbarazzo, si sente “anacronistico”. Il terrore di divenire lo zimbello di tutta la scuola, lo porta ad autoescludersi dal gruppo: “Arrivai a chiudermi sempre più a riccio, spegnendo (…) la piccola fiamma iniziale di euforia creatasi a inizio anno nella mia classe, quando i gruppi non si erano formati. Giunti alla fine del primo quadrimestre ero rimasto fuori (…) rimanevo il grande escluso”. È un’esclusione non voluta, ma che lui sente di subire a causa della madre vista come pressante e poco permissiva e, per questo, odiata come quasi tutte le mamme del mondo da quasi tutti i loro figli adolescenti. Eppure Vittorio è un bravo ragazzo e ha buoni voti in pagella… i continui “no” agli svaghi e alle uscite con gli amici non sente di meritarli.

Fare parte di un gruppo per un adolescente è importante, ecco perché quando conosce il carismatico Christian e il suo gruppo di amici che lo accoglie e lo accetta si sente rinascere: cresce in lui l’autostima e lo spirito di iniziativa, finalmente fa parte di un gruppo che lo considera “fratello”. Questo forte cameratismo si basa su un “unico pensiero: proteggere, vivere, progettare per il gruppo”. Anche se, poi, i progetti non sempre sono buoni… e questi ragazzi svegli e brillanti che amano sopra ogni cosa distendersi “in grandi campi di girasoli cullati al sole più mansueto e tenero delle giornate”, cadono nelle grinfie del boss di turno per occuparsi dello spaccio di droga. I guadagni impennano, loro cambiano e si lasciano risucchiare da tutto ciò che di brutto comporta quest’ambiente. Questi girasoli bellissimi, iniziano a piegare il capo.

Il libro inizia con un Vittorio ormai trentenne, con un lavoro, con il dono di una scrittura da Oscar e con un grande rimpianto che si chiama Liliana, uno dei fili conduttori della sua vita; continua con un enorme (tutto il romanzo) feedback sulla sua adolescenza la cui dimensione temporale è scandita non solo dall’informazione nei vari capitoli che ci dà l’autore degli anni che passano, ma anche dal suo intromettersi nella storia contemporanea attraverso i notiziari cronachistici; si conclude in modo sorprendente e del tutto inaspettato.

Ho apprezzato tutti i personaggi, ma molto quello della madre di Vittorio e soprattutto come, nel tempo, lui ne abbia rivalutato la figura nella giusta misura: una madre austera sì, ma solo perché infinitamente preoccupata del benessere dei propri figli.

Ultimo pensiero va al linguaggio: l’alternarsi fra italiano corretto e forme dialettali più colloquiali è davvero apprezzabile.





Nessun commento:

Posta un commento