10 giugno 2021

RECENSIONE: - “La dama di compagnia” - di Marie Belloc Lowndes



 La dama di compagnia
 Marie Belloc Lowndes
 giallo
 Gilgamesh Edizioni
 15 gennaio 2021
 ebook
 295

La bella e giovane moglie Eva, una scialacquatrice, amichevolmente legata a uno storico spasimante e detestata dalla parsimoniosa suocera, diventa la prima sospettata dell’omicidio.

Battista ed Eva, dopo il loro matrimonio, erano andati a vivere in un’incantevole magione nella campagna appena fuori Londra, un bucolico cottage denominato Il Mulino, alla cui organizzazione si è sempre dedicata con efficienza Adele Strain, governante e dama di compagnia, personaggio chiave del libro, amica di vecchia data di Eva.

Adele, ancora giovane ma precocemente sfiorita e priva di bellezza, riesce a far quadrare il bilancio, nonostante le dispendiose abitudini di Eva, che si contrappongono alla natura avida e gretta di Battista, che si rifiuta perfino di concedere all’amatissimo figlio di Adele di andare a trovare la madre a Il Mulino per non dovergli dare da mangiare.

… Il conflitto tra la dispendiosa moglie e il controllato marito giunge al culmine quando alcuni creditori si presentano a Battista reclamando debiti per quasi tremila sterline, una somma enorme per il tempo.

Battista obbliga allora la moglie a intaccare pesantemente la sua rendita di vedova di guerra per pagare i debiti, ma proprio in quei giorni l’elegante e piacente Giacomo Mintlaw, vecchia fiamma di Eva, ritorna ricchissimo dal Canada e subito ricontatta la giovane donna, che ai vecchi tempi si limitava a flirtare con lui, senza pensare a far le cose seriamente, mentre per Giacomo lei era rimasta l’amore della vita.

Uno strabiliante giallo del tipo inverter story, uno dei maggiori capolavori del giallo classico, da avere assolutamente nella propria biblioteca domestica.





La vicenda è ambientata nella Londra degli anni trenta ed entra subito in medias res: il processo indetto per scoprire e giudicare l’assassino del ricco Battista Raydon, per poi proseguire con un flashback lungo tutto il romanzo. In realtà, per il lettore, l’autrice rivela in partenza l’artefice dell’omicidio, quindi la trama non si articola, come in un giallo standard tra suspense e colpi di scena, anzi direi che la trama è piuttosto statica anche se molto fluida.

Ciò che risalta in modo particolare sono i personaggi e i rapporti che intercorrono fra di loro, fatti di sentimenti misti e opposti: odio-amore, benevolenza-irriconoscenza. Risaltano, inoltre, i loro stati d’animo, le loro piccinerie, le loro indoli, ed ecco che si apre un teatro di diversi caratteri: l’assassinato spilorcio e per questo antipatico a gran parte della giuria; la giovane vedova “prodiga” e bella, Eva Raydon; la suocera incaponita sull’aver ragione della colpevolezza della nuora; il buon Mintlaw innamorato infelice; la dama di compagnia, Adele Strain, tanto brutta quanto intelligente da sapere e riuscire a gestire al meglio tutta questa brutta storia in nome dell’amore per il suo bambino.

Esiste una giustizia? L’autrice, in questo suo giallo, ci risponde due volte sì: esiste la giustizia sulla terra ed esiste, imperscrutabile ed estrema, quella divina!





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