Autrice: Priska Nicoly
Pagine: 485
Genere: romance storico/southern gothic
Uscita: 15/05/24
“…ma
l’amore non assomiglia a bacio, non davvero. Assomiglia a un pugnale che si
attorciglia, scava, e lascia ferite che non possono guarire.”
La
inizio così questa recensione, con una citazione che è l’essenza stessa del
romanzo.
L’ultimo
di Priska, ma quello che forse più ho amato.
L’autrice
attraversa le ere, ti catapulta lì in un mondo fatto di guerre, di un passato
che grava sulle spalle di un uomo, di una ragazza che deve convivere con Kusa,
il cuore nero.
Siamo
nella Carolina del sud nel 1782, una terra martoriata dalla guerra, da quegli
uomini che dovrebbero difendere i propri natali, ma che si accaniscono contro i
loro compatrioti.
Siamo circondati dalle paludi che offrono
riparo, ma costituiscono anche il pericolo, che viene da mostri, fantasmi che
si annidano nella mente e nel cuore di uomini e donne che troppo hanno
sofferto.
In
mezzo al pregiudizio a quel “strega” sputato con disprezzo, due anime lottano,
tentano di annientarsi, per poi fondersi in qualcosa che non dovrebbe essere.
Il
cuore nero di Dicey, quello che lo è diventato nero di Liam…
Liam
sopranominato Bloody Bill, lui e il suo passato chiuso in un baule di cui cerca
la chiave, una chiave che potrebbe
essere un insieme di lettere o un simbolo…
Priska
non delude mai, lei quel dolore dei protagonisti te lo fa sentire addosso, ti
fa vivere con gli occhi le condizioni di popolazioni ridotte in ginocchio dalla
guerra.
Affanni
con Dicey, stringi il petto in cerca di aria e di quelle risposte che due occhi
taglienti come l’acciaio negano.
Negazione…
di un sentimento, di due corpi che si fondono, di anime che si consumano, si
distruggono per poi ricomporsi.
Piccoli
frammenti di vita, cocci che tagliano, ferite che diventano cicatrici che il
tempo non lenisce, non cura.
Mi
sono emozionata davanti a un uomo che indossa una maschera con uno scopo ben
preciso.
Ho
vissuto la forza di una ragazzina che non sente quel pregiudizio di chi
l’addita come strega.
Lo
fa suo, si aggrappa a una speranza che può essere racchiusa in un sacchettino
che porta al collo, piuttosto che in quell’uomo che si porta dietro un mostro.
Sulle
parti finali del romanzo sono arrivata senza respiro, un libro terminato in una
notte.
Questa è Priska, una delle mie autrici
preferite, lei che volutamente ha scelto un’epoca poco trattata, ma che si
porta dietro orrori e terre che grondano sangue.
In
tutto questo marasma quell’amore che può uccidere, il Kusa che rimbomba nelle
orecchie e l’Hoodoo, quella magia popolare che genera terrore per chi la vive
con occhi carichi di preconcetti.
È
stato un viaggio indimenticabile questo e Priska mi ha accompagnato in ogni
momento, in ogni anfratto di quella palude che ha come tetto i salici, gli
stessi che nascondono i segreti.
Lei
è la poesia che mette anche nelle scene spicy, quel sentimento che non è un
atto, ma il culmine di qualcosa che va oltre la vita stessa.
I
complimenti non sono mai troppi, così come le cinque piume, un simbolo per una
scrittrice che da anima e cuore in ogni suo scritto, in ogni frase e parola che
riempie le pagine.
A
presto
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