17 gennaio 2024

RECENSIONE: - "Come fosse un venerdì" - di Fabio Pungitore

 




COME FOSSE UN VENERDÌ 

di FABIO PUNGITORE

“Credi davvero di poter tracciare una linea immaginaria oltre la quale allontanare tutti i tuoi fallimenti? Pensi che sia facile tagliare via i rami secchi senza che per questo venga giù tutto l’albero?”. 

È quello che si domanda Luca, traslocatore di giorno, insonne ipocondriaco. Ce lo racconta con la sua voce ironica e diretta, scosso da una notte passata al pronto soccorso dal quale esce carico di buoni propositi. Inizia così la ricerca di un equilibrio forzato, artificiale, frenato da una pigrizia cronica piena di rimandi, posticipi e scuse poco credibili. Come se non bastasse, l’ombra di un passato non risolto incrina ulteriormente la determinazione del protagonista. Luca, dal carattere remissivo, cerca di evitare il confronto diretto fino alla fine, fino a quando esso diventerà inevitabile per un caso fortuito.




Il trentottenne Luca Cipressi è un traslocatore e un insonne ipocondriaco. Dopo essere finito al pronto soccorso, ne esce pieno di buoni propositi per curarsi.

Il racconto in prima persona ci mostra un uomo dalla simpatia ironica e spesso triste. Luca è consapevole di vivere fra un rimandare e un altro, ma non si risolve a trovare una via d’uscita alla sua indolenza. Se la dottoressa Letizia lo ricolma di tisane contro lo stress, il dottor Strunzberg lo definisce “disallineato” e per questo “infelice, stressato, inconcludente”. Per Luca che credeva di avere un male incurabile è una bella notizia, certo, ma non ha idea di come liberarsi della sua condizione. Inizia così il percorso “dell’orrizzonte”: quella linea al di là della quale non deve andare perché al di là c’è tutto ciò che Luca metterà e non vorrà più. Inizia il cammino del protagonista che, con fatica, cerca di tracciare un solco netto fra “ciò che va bene e ciò che non va bene”.

La narrazione è fluida, ironica soprattutto quando Luca ci parla dell’effetto della sua indolenza sulle cose che lo circondano strappandoci un, seppur mesto, sorriso; ma è una narrazione solo apparentemente semplice poiché mette in risalto un grande problema dei nostri tempi cioè il non saper vivere per se stessi rimanendo invischiati in attività, situazioni e relazioni che spesso non ci interessano e rubano solo tempo prezioso alla nostra vita: “tristezza cosmica (…) che pian piano (…) si prende tutto, ti cambia il sapore al caffè, ti cambia il profumo del sapone, ti distrae dalle cose che ti piace fare, modifica lentamente e subdolamente le abitudini. (…) La chiamano depressione e la sua specialità è far finta di non esistere. La scorgi solo quando riesci a fermarti un attimo e a sorprenderti per tutti il vuoto che ha creato attorno”.

Questo Luca, alla fine, lo capisce e solo così può iniziare il suo cammino verso la guarigione che gli permetterà di riprendere la sua vita in mano, sforzandosi di vivere “come fosse un venerdì”, il giorno in cui le aspettative di ciascuno di noi sono più alte che in qualsiasi altro giorno della settimana e sono più vividi i nostri progetti.

Interessanti gli altri personaggi, ma soprattutto Rudy che è quello che prende la vita a morsi e se la gode tutta pienamente, quello che Luca tuttavia non vorrebbe essere, ma dal quale è affascinato; e Caterina, una presenza fondamentale per aiutare il protagonista nel suo percorso di soluzione con avvenimenti irrisolti.






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