Ma l’amore è un’altra cosa è un romance più che attuale: i tempi sono quelli del lockdown scattato con la pandemia da covid che ci ha tutti lungamente provati. È proprio il lockdown a sconvolgere i piani della protagonista Lori pronta a partire per Istanbul per coronare il suo sogno: scrivere “guide turistiche interattive” cioè resoconti digitali basati sui racconti delle esperienze dirette e corredati da immagini e foto. Così è costretta a fare ritorno in Sardegna, dove è nata, per sostenere l’amica Olivia prossima al parto. A casa di Olivia fa la conoscenza di Andrea-Darek, fratello dell’amica, dal passato traumatico e che lo ha allontanato da bambino dalla famiglia d’origine per crescere come un militare dell’esercito turco. Fra i due scocca la scintilla dell’amore. Sembra tutto rose e fiori, almeno in questa prima parte del libro, salvo poi passare a una parte più drammatica nella seconda, divisa tra Istanbul e la Sardegna.
È palese, attraverso la voce di Darek, la buona conoscenza da parte dell’autrice della città di Istanbul: “Istanbul è una città immensa, molto estesa e con tanti abitanti di religioni diverse. Ci sono zone turistiche e quartieri residenziali (…) tantissime moschee ma anche chiese cattoliche, ortodosse, sinagoghe ebraiche”. Da come la descrive si capisce chiaramente quanto l’autrice sia innamorata e d’altro canto non ne fa mistero quando nei ringraziamenti dice di Istanbul (che ha realmente visitato): “caotica, misteriosa e affascinante come una vecchia signora (…) piena di vita e di profumi mi ha stregata e non vedo l’ora di tornarci”.
Devo dire che ho apprezzato di più la seconda parte del romanzo, più intensa e drammatica, mentre la prima, nonostante sia di “presentazione e preparazione” ciò che segue mi ha dato l’impressione di una scrittura diversa, come se le due parti del libro fossero state scritte in due momenti differenti e con una consapevolezza più profonda nella seconda parte.
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